Di certo la storia mi ha affascinato fin da ragazzo, sulle pagine dei sussidiari che ci facevano ingozzare a suon di votacci, note sul diario e “…torna accompagnato dai genitori!”. Nelle mie reminiscenze ricordo che era fondamentale recitare a memoria date e nomi delle battaglie, dei personaggi e quant’altro; poco o nulla addentrarsi nei contesti storici che non fossero quelli superficiali.
Poi c’erano i buoni da una parte e i cattivi dall’altra: Greci e Romani la civiltà del mondo, i “barbari” ignorantoni e aggressori; sceriffi e giacche blu gran brave persone, i pellerossa dei diavoli. Adesso qualcuno mi suggerisce che le cose non sono andate proprio così. Sarà il negazionista di turno!
Ebbene, tutto ciò nonostante, da adulto questa passione mi è rimasta. Ai libri si sono aggiunte le prime cassette VHS, poi i DVD e infine le trasmissioni dedicate alla storia. Un canale in particolare seguo quotidianamente: RAI Storia. Avrete capito che non sono affatto uno storico nel senso compiuto del termine, cioè uno studioso, ma solo un appassionato, un dilettante. Amo anche libri e film gialli.
Ovviamente internet mi è stato molto utile,
fornendomi gran parte della documentazione che ho poi utilizzato per
la stesura del libro, compresa
la Storia di
Venezia della Treccani, ma non sono mancati libri e
saggi, tanti. Per aver tenuto alto il mio interesse per la storia
veneziana devo ringraziare autori come Alvise Zorzi (“La
Repubblica del Leone“ e “La
vita quotidiana a Venezia nel secolo di Tiziano”, libro questo che oramai si trova solo usato o nelle biblioteche), ma
anche molti altri come potete leggere nella bibliografia.
Proprio rovistando nel mare magnum della rete e in quello non da meno del Dizionario Biografico degli Italiani nel sito della Treccani, un certo giorno mi è capitato di leggere la biografia di un nobile veneziano caduto in miseria e deceduto il 16 aprile 1605. Il poveraccio era con tutta probabilità morto di vecchiaia, ma nell’incipit del libro lo troverete assassinato, prima vittima del giallo la cui trama avevo in mente sebbene ancora con contorni confusi.
A caccia di notizie sul periodo nel quale la vittima sarebbe stata fatta fuori, mi sono recato presso la Biblioteca Marciana, storica istituzione di Venezia. Non sono mai stato un topo di biblioteca e per orientarmi ho spiegato quello che mi frullava in testa all’addetto di sala: sul Settecento e altri momenti c’erano scaffali di documenti, ma sugli inizi del secolo XVII poco o nulla. Aggiunse che, a suo parere, nei periodi nei quali l’economia tira e tutto va per il meglio nessuno ha tempo o si preoccupa di scrivere. Quando le cose volgono al peggio e ci si ritrova disoccupati, invece, tutti si attaccano a penne e calamai. Chiuse lo strambo concetto con un perentorio: “Cambi secolo!”
La cruda sentenza non era delle più incoraggianti. Però, sarà stato per la mia faccia che lasciava trapelare tutto il disappunto, cercò di rincuorarmi indicandomi un paio di volumi e insieme di recarmi all’Archivio di Stato della città. Ci sono andato di corsa.
L’istituzione occupa un palazzo nel Sestiere di San Polo appartenente all'ex complesso conventuale di Santa Maria Gloriosa dei Frari, che sarebbero poi i frati francescani Minori.
Oltre a non essere un topo di biblioteca, non lo sono neppure d’archivio. Pertanto anche qui il funzionario addetto alla sala di consultazione, come il collega della Marciana, dovette dare fondo alla sua pazienza per instradarmi. Un sistema informatico ha ordinato l’immane raccolta di documenti sulla storia ultra millenaria delle Serenissima e pure delle epoche successive, quella napoleonica, austriaca, il Regno d’Italia, eccetera. Da perderci la testa se si è alle prime armi come il sottoscritto.
Il patrimonio si snoda per circa 70 chilometri di scaffalature ed è costituito da oltre 800 cosiddetti “fondi”. La documentazione è stata raccolta e ordinata nel corso di oltre due secoli, visto che la fondazione dell’Archivio di Stato di Venezia è avvenuta nel 1815, al tempo della dominazione austriaca, con il nome di Archivio Generale Veneto. Tra il 1817 e il 1822 furono trasferite nel nuovo istituto le carte prodotte nell'arco di un millennio dagli uffici della Serenissima che, fin dalle origini, erano state conservate a Palazzo Ducale, nelle Procuratie di piazza San Marco o nei palazzi di Rialto, ma che con la caduta della Repubblica il 12 maggio 1797 erano andate trasportate altrove (vedi la pagina approfondimenti nel sito dell'Archivio di Stato di Venezia).
Da quello che ho capito, fondamentali sono i due volumi di Andrea Da Mosto “L’Archivio di Stato di Venezia“, indice generale, storico, descrittivo ed analitico, due tomi editi rispettivamente nel 1937 e nel 1940. Seguendo questo e soprattutto le indicazioni dei funzionari, dopo un paio di sedute, mi imbatto in una così denominata “Busta 15 - Capitolare Signori di Notte al Criminal, atti processuali…”, praticamente un faldone alto una spanna e legato con nastrini. Dentro una dozzina di fascicoli.
In uno di questi trovo una decina di fogli: sono i verbali di un processo celebrato nell’agosto del 1605 e intitolati “Illustrissimi Signori di Notte al Criminal”. In calce a una carta c’è la firma di un magistrato facilmente interpretabile nonostante si sia messo di mezzo un bello strappo: Francesco Barbarigo, Signore di Notte al Criminal. Ho trovato il protagonista del giallo. Non perdo tempo e chiedo il permesso di fotografare il reperto, quello che vedete in miniatura a corredo di questa pagina. Cliccate sopra per ingrandire.
Tutto ciò accadeva nell’estate del 2012. Nello stesso periodo ho cominciato a scrivere le prime pagine. Molti impegni mi hanno costretto a sospendere diverse volte il lavoro, al quale ho potuto dedicare solo ritagli di tempo. Se mi dilungassi sul resto, rischierei di annoiare. Potete immaginarlo: mi sono immerso in ricerca e lettura di testi con particolare riguardo al periodo nel quale avevo deciso di ambientare il racconto, ma anche altri. Fate riferimento alla bibliografia.
Circa la struttura del libro, dapprima avevo tentato di introdurre dei dialoghi, ma presto mi sono reso conto di non essere all’altezza di affrontare il linguaggio del tempo, anche se credo che per essere efficaci i dialoghi non debbano necessariamente legarsi al vero. Certo il dialogo movimenta un romanzo, crea l’atmosfera giusta, caratterizza i personaggi, il loro stato d’animo, dà informazioni. In una frase aiuta a portare avanti il racconto.
Mi è spiaciuto rinunciare, ma dare voce con la
lingua di oggi a persone vissute quattro secoli or sono e che
parlavano in ben altro modo non mi è parso adeguato. Diversamente,
come fare? Mi sono affidato a formule indirette che dovrebbero
sostituire parole e frasi che i personaggi avrebbero pronunciato
secondo la loquela di allora. Non scommetterei un euro, anzi uno
zecchino, sul risultato. Però ci spero.
Una particolarità del Signore di Notte è che la trama è inframezzata da veloci battute d’arresto con le quali ho voluto contestualizzare il romanzo nel suo periodo storico. Il lettore troverà fatti, aneddoti, curiosità, informazioni su come funzionava la Repubblica Serenissima, quali erano gli usi, i costumi, i contorni della società veneziana appena uscita da un secolo di grande splendore e alle soglie di quello che sarebbe stato il suo lento declino.
Tuttavia i protagonisti non si defilano durante queste brevi sospensioni, ma restano sempre presenti e spesso interagiscono con esse o sono loro stessi a raccontare. Mi è rimasto il dubbio che qualche lettore possa annoiarsi, ma spero davvero non avvenga. Anzi, mi auguro che resti incuriosito da questi intervalli che ho inserito per diversificare lo scorrere della narrazione, senza intenti di lezioni cattedratiche. Peraltro, credo che gli appassionati di romanzi gialli apprezzino ritmi più serrati che qui non sempre troveranno. La storia resta comunque intrigante.
Un’altra caratteristica: molti personaggi, a partire dal protagonista e dalla prima vittima, come avete letto pocanzi, sono realmente vissuti all’epoca del romanzo. Di conseguenza, la trama del giallo ha tenuto conto dei tempi e dei ruoli che avevano ricoperto nella loro vita reale. Non è stato facile inserirli al posto giusto nel momento giusto. Come storico e scrittore sarò pure un dilettante, ma nel complicarmi la vita un vero maestro.
Così, oramai a loro insaputa, sulla scena del giallo insieme al protagonista si muovono magistrati, podestà, dame e cortigiane, banditi e bari, aristocratici e non. Sono descritti con tratti caratteriali e nel compiere azioni di assoluta fantasia, come pure di mia invenzione è tutta la storia. Altre figure, invece, me le sono dovute inventare di sana pianta.
Alla fine mi sono reso conto che il libro si dilungava per un numero esagerato di pagine e sono dovuto correre ai ripari con una drastica riduzione. Dopo tagli e sforbiciate è rimasto un lavoro del quale sono soddisfatto, ma che non pretendo di far passare per professionale. Scriverlo è stato per me gratificante. Se i lettori lo troveranno anche interessante avrò raggiunto il mio scopo.
Buona lettura
Nell'immagine: pagina del verbale di un processo dei Signori di Notte firmato da Francesco Barbarigo nell'agosto 1605. Fonte: Archivio di Stato di Venezia - clicca sulla foto per ingrandire