Il titolo richiama esplicitamente ai “Signori di Notte”, una delle
numerose magistrature dell’antica Serenissima
Repubblica di Venezia. Si potrebbe dire che svolgevano
insieme le funzioni di giudici e capi della polizia. La
magistratura era formata da sei aristocratici, uno per ogni
sestiere nei quali tutt’oggi è ancora divisa la città. Venivano
eletti dal Maggior Consiglio, il massimo organo decisionale della
oligarchia patrizia al potere.
Alcuni
dei personaggi, il protagonista in primis, sono realmente esistiti
al tempo della vicenda che è invece di pura fantasia, come lo sono
i loro tratti caratteriali e le loro azioni descritte nel
racconto. Di conseguenza la trama, che si dipana lungo un
imprecisato numero di giorni nel corso del 1605, si è adeguata ai
rispettivi ruoli e tempi nella vita reale. Senza paura di
esagerare, si potrebbe dire che il libro è costato in ore di
ricerca e documentazione più di quante dedicate alla stesura.
Una
caratteristica
del giallo sono le aggiunte di notizie che descrivono la società
veneziana all’alba del XVII secolo, che raccontano episodi
storici, aneddoti, curiosità, leggende, perfino fiabe. Lo fanno
talvolta in modo dissacratorio, spassoso, sempre con un linguaggio
crudo. Tuttavia sono divagazioni durante le quali i protagonisti
restano sempre presenti con i rispettivi pregi e difetti, certezze
e titubanze. Sono divagazioni che non intendono affatto
interrompere la narrazione, tanto meno fungere da pretesto per
“salire in cattedra” nel senso più pedante del termine. Al
contrario, lo scopo è quello di incuriosire il lettore su come
vivevano e cosa pensavano i veneziani del tempo, contestualizzare
il romanzo nel periodo e arricchire il racconto.
Il Signore di Notte in questione è Francesco Barbarigo, aristocratico di una delle più antiche famiglie della Repubblica Serenissima, quelle tramandate alla storia come “casati patrizi”. Si presenta sul teatro della vicenda come un personaggio niente affatto positivo, dotato di una buona dose di spocchia e dall’orgoglio smisurato, goffo e pasticcione come investigatore e inadeguato al ruolo.
Dal
lato umano Francesco emerge come una persona dal carattere
controverso, un uomo nel quale vicende dolorose del passato lo
determinano a decisioni inopportune e talvolta perfino bizzarre,
insicuro anche quando lascia trapelare certezze che non ha
affatto.
Strani amori, insuccessi
e sfondo della vicenda
Il giallo prende avvio il 16 aprile 1605 con il ritrovamento del corpo di un nobile decaduto, un assassinio sul quale si ostina a volere far luce il Barbarigo sebbene, come magistrato, neppure toccherebbe a lui farsi carico delle indagini sul campo, ma ai sottoposti dei Signori di Notte, guardie e graduati che svolgono le funzioni di polizia con ben altra dimestichezza.
Privo
di qualunque esperienza, fin dalle prime battute si muove a
casaccio sullo sfondo di una Venezia che ha appena lasciato
l’apogeo dello splendore del secolo precedente senza ottenere
altro che cantonate. Incappa in vergognose disavventure e pure in
uno strambo amore per una donna della quale nulla ha capito.
Cosicché avrà presto occasione di pentirsi della scelta imprudente
e imboccata con un’arroganza pari solo alla sua superficialità,
una strada della quale non ha affatto valutato rischi e pericoli e
dove non mancano gli agguati.
La vera protagonista: Venezia
Con il procedere del racconto la Serenissima assurge a protagonista muta del romanzo, una città assolutamente amata da Francesco. Il Barbarigo si aggrappa ai suoi riti e alle sue tradizioni forse alla ricerca di quella sicurezza che, al di là delle apparenze e delle sue pretese, gli manca nella vita. Non saranno queste ad aiutarlo ad uscire dal pantano nel quale si è inopinatamente cacciato.
Invece in suo soccorso entrano nell’intricata vicenda un capitano delle guardie e il rettore di Murano, dove si sposta parte del racconto sulle orme dei ruoli che i personaggi hanno ricoperto nel corso della loro esistenza reale.
La
conclusione del giallo sarà tutt’altro che scontata, compresa la
resurrezione del protagonista come uomo che si apre a intendere
diversamente la vita.